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Risorse idriche, Cia Piemonte chiede alle istituzioni di fare squadra: l’acqua è un bene prezioso per tutti, gestiamola con intelligenza
Scritto il 30-11-2021 da Cia Piemonte | Categoria: Cia
Di risorse idriche in Piemonte si è parlato lunedì 29 novembre in occasione del convengo organizzato da Cia Agricoltori italiani del Piemonte nella Sala Trasparenza della Regione Piemonte.
A dare il via all’incontro dal titolo “Acqua, risorsa preziosa per tutti”, il presidente di Cia Piemonte, Gabriele Carenini: «L’acqua è elemento vitale per l’uomo e lo è anche per l’agricoltura. Questo tema così importante ci vede insieme per cercare di fare squadra. Noi chiediamo a tutti gli attori che gestiscono le risorse idriche di lavorare insieme. I tempi sono già troppo maturi, dobbiamo calendarizzare e programmare quello che è un problema per la salvaguardia dell’agricoltura piemontese. Dobbiamo ragionare tutti insieme, come se fossimo una cosa sola. Quel che programmeremo oggi inciderà sui nostri prossimi 50 anni. Le risaie, le colline e le coltivazioni intensive sono in difficoltà. Servono invasi, sistemi di raccolta dell’acqua piovana e una più efficiente manutenzione degli impianti di distribuzione. Gli agricoltori sono pronti a fare la loro parte. Dimostriamo ancora una volta che gli interessi di tutti vanno salvaguardati e l’acqua è un bene prezioso per tutti».
Considerazioni condivise anche dal presidente della Regione, Alberto Cirio: «Noi siamo l’unica regione d’Italia ad essere andata quest’anno formalmente in emergenza idrica – ha rimarcato il presidente Cirio -, abbiamo perlopiù un’acqua di scorrimento, che va a finire tutta nell’Adriatico, e quindi abbiamo la necessità di fare in modo che essa rimanga nei nostri territori. Nel 2021 la produzione di nocciole in Piemonte è scesa del 50%. Tra i vari elementi che hanno condizionato una resa così bassa c’è anche la mancanza di risorse idriche. L’acqua è, perciò, componente vitale dell’economia agricola, ma non solo, è anche una risorsa da riconoscere alla montagna. Questo governo regionale ha introdotto i canoni idrici. Vuol dire riconoscere ai territori che producono acqua, le risorse economiche per l’acqua che hanno prodotto. Il paradosso era che i piccoli Comuni di montagna si vedevano privati della loro principale risorsa, che andava ad avvantaggiare la pianura, senza che economicamente gli venisse riconosciuto nulla. In Piemonte vogliamo anche poter gestire i nostri grandi invasi, ma il Governo centrale fino ad ora ha bloccato il percorso legislativo che ci avrebbe permesso di farlo».
La fotografia della situazione attuale è stata fornita dal professor Stefano Ferraris, del Politecnico di Torino: «L’Irrigazione è sempre più un problema di territorio, va affrontato in chiave multiuso. Non si può parlarne senza toccare aspetti come l’idroelettrico o le alluvioni. In Piemonte quest’anno si sono alternati periodi di forte siccità a piogge intense. Fino a cinquant’anni fa, un periodo di 45 giorni senza piogge si verificava ogni 6/10 anni. Con il cambiamento climatico, i tempi si accorciano considerevolmente. Periodi di un mese e mezzo senza precipitazioni saranno sempre più frequenti».
«Per i problemi legati a siccità e ad acqua che scende in maniera disomogenea nel tempo – ha spiegato Mario Fossati, direttore Anbi Piemonte – la soluzione di base è la costruzione di invasi, che consentano di mettere da parte l’acqua da utilizzare quando serve. L’agricoltura li usa da tempo, purtroppo però la neve è sempre meno e i ghiacciai che li alimentano sono destinati ridursi. Oltre agli invasi naturali, come il Lago Maggiore, abbiamo anche quelli artificiali. Delle 59 grandi dighe presenti oggi in Piemonte, solo 6 sono destinate all’agricoltura, per un totale di18 milioni di metri cubi di acqua. Anche le dighe costruite a scopo idroelettrico potrebbero essere usate per l’irrigazione nei mesi estivi, ma è necessario giungere ad accordi. Vien da sé la necessità di realizzare nuovi invasi. Siano essi piccoli e localizzati o grandi e diffusi, l’importante è farli. Un altro problema nella gestione delle risorse idriche è legato all’esigenza di portare via l’acqua quando ce n’è troppa. Gli eventi di breve durata e forte intensità comportano frequenti piene da gestire. La programmazione di oggi la vedremo nei fatti nei prossimi anni, bisogna iniziare il prima possibile».
«L’acqua è una risorsa finita, dunque non illimitata – ha sottolineato Paolo Carrà, presidente Ente nazionale risi -, e al tempo stesso strategica. La risaia è un unicum dal punto di vista dell’irrigazione. Viene vista sotto due aspetti. Dal punto di vista tecnico, l’irrigazione per sommersione delle risaie determina continuità sotterranea tra montagne e aree che non possono essere irrigate e dunque provoca un innalzamento della falda. Secondo aspetto, quello paesaggistico-ambientale, non secondario. Zone umide, biofauna, idrofauna, tutti elementi strettamente correlati alle risaie. Noi oggi nel Vercellese abbiamo aree di nidificazione molto significative. Altro fattore positivo, quello di impedire il salire del cuneo salino. La risaia frena il processo che porta salinità al terreno. La risaia viene accusata di consumare molta acqua. Un discorso legato perlopiù al volume, a quanta acqua si mette all’interno delle vasche. In realtà così non è. Il processo di sommersione è basato sul riutilizzo continuo di acqua. Se le coltivazioni fossero di mais invece che di riso, non avremmo acqua sufficiente per irrigare. Il gioco di squadra è fondamentale, per realizzarlo è imprescindibile mettere da parte i protagonismi».
Nel discorso relativo all’utilizzo dei serbatoi d’acqua, fondamentale il ruolo giocato dalla montagna. Per Roberto Colombero, presidente Uncem Piemonte, “la montagna è innegabilmente una preziosa riserva idrica, ma troppo spesso quando si cerca di discutere di nuovi invasi, sono numerosi gli ostacoli che fermano i progetti. Ogni volta che si studia una soluzione, bisogna considerare anche interessi di chi il territorio lo vive, senza il coinvolgimento delle comunità è impossibile portare avanti i progetti. Che all’agricoltura serve l’acqua lo sappiamo, ma è anche vero che alla pianura serve bere. Se realizziamo un invaso, ma non ci chiediamo se la risorsa acqua è disponibile o come può essere usata o valorizzata, si rischia di parlarne e basta. Nessuno è contrario a prescindere agli invasi, l’emergenza è palese. Si deve capire come eseguire le opere”.
Da Davide Sartirana, giovane cerealicoltore, la testimonianza di come si può sfruttare al meglio l’acqua, pensando anche a qualità dei prodotti e ambiente. «Sulla mia superficie utilizzo l’irrigazione con la manichetta. Un sistema che consente un risparmio idrico notevole, anche se i suoi costi sono elevati. Oltretutto, la manichetta viene stesa ad inizio stagione e poi magari resta inutilizzata perché le piogge sono abbondanti. Ma a guadagnarci è sicuramente la qualità: il mais allagato ha una qualità diversa, e più alta è la probabilità che proliferino tossine. La manichetta, invece, bagna direttamente la radice e scongiura questo rischio. Quello che adotto io è dunque un metodo grazie al quale si risparmia acqua, ma che l’agricoltore generalmente non usa perché costa troppo».
«Chi favorisce il risparmio idrico come Sartirana – ha quindi rimarcato Carenini– , andrebbe incentivato. Giovani e aziende che consumano l’acqua in modo intelligente e che puntano sulla qualità vanno sostenuti. Si deve arrivare a distribuire le risorse, premiando i comportamenti virtuosi».
«Sul tema risorse idriche non siamo in anticipo, speriamo di non essere in ritardo – ha esordito l’assessore regionale all’Agricoltura, Marco Protopapa -. Di certo, la burocrazia e, a volte, i territori rallentano i tempi di intervento. Quello che oggi possiamo fare è gestire il quotidiano, trovare soluzioni con i mezzi che abbiamo a disposizione. Penso ad esempio a manutenzioni più tempestive, ma anche ad un riordino per accorpare i consorzi minori, a migliorare la raccolta dei dati dei prelievi. Dobbiamo stimolare le aziende a fare la loro parte. Dobbiamo trovare il modo di fare passi avanti concreti perché il problema è reale, anche se non è facile agire, dato che la questione non è solo regionale».
Anche per Manrico Brustia, presidente di Cia Novara, “gli invasi saranno strategici. L’acqua diventerà il petrolio del futuro. Nel 2020 sono caduti 300 miliardi di metri cubi di acqua e ne sono stati trattenuti solo 11 miliardi negli invasi. Trattenere e gestire meglio le risorse è un’esigenza primaria. Troppo spesso la burocrazia impedisce l’utilizzo delle risorse. Dal primo gennaio 2022, poi, entrerà in vigore il deflusso ecologico, che rischia di costituire un problema enorme. Mantenere un livello minimo nei fiumi nel periodo estivo si tradurrà in ancora meno acqua per l’irrigazione. Confidiamo in proroghe o modifiche dell’ultimo minuto al provvedimento, solo così potremmo avere un’irrigazione senza ulteriori difficoltà il prossimo anno. La manutenzione, poi, resta centrale. Finora, i pochi fondi a disposizione sono stati quasi tutti spesi per ripristinare i danni, con una manutenzione attenta e constante, potremo sfruttare meglio le risorse idriche».
«La normativa sull’acqua – ha spiegato Alessandra Conti, direttore del Canale Caluso di proprietà della Regione – è decisamente datata, risale ancora ai regi decreti. Nulla è stato aggiornato in relazione ai cambiamenti climatici e alle nuove necessità di gestione».
«Il periodo è particolarmente difficile – ha concluso Dino Scanavino, presidente nazionale di Cia Agricoltori italiani -, caratterizzato da un aumento delle temperature e da piogge improvvise e violente. Era estremamente importante per noi, oggi, avviare un dibattito aperto sul tema delle risorse idriche. Il futuro risulta complesso per l’organizzazione del sistema e per le nuove esigenze che l’agricoltura ha da qualche anno a questa parte. Si pensi ad esempio a noccioleti e vigneti che alcuni decenni fa non richiedevano un’irrigazione aggiuntiva. Il periodo che abbiamo davanti in termini di programmazione di risorse economiche è decisamente interessante. E’ vero che il Pnrr ci pone dei vincoli rispetto alla nostra capacità di spendere, ma abbiamo comunque l’occasione di realizzare interventi utili. Quello che abbiamo sbagliato finora, e che ci ha penalizzato in termini di pianificazione e visione futura, è stato spendere solo in relazione alle scadenze dei tempi. La programmazione sul tema irriguo deve entrare in una dimensione progettuale diversa. Gli agricoltori possono presidiare il sistema irriguo a valle, assicurando vantaggi oggi non considerati perché non c’è la cultura del governo del territorio nel dettaglio. Uno dei punti cardine che poniamo da tempo: la più grande opera pubblica che lo Stato può mettere in campo è la manutenzione ordinaria del territorio».